Prof.ssa Rosella Cardigno Colonna

Prof.ssa Carla Tatone

Ho incontrato Rosella quando avevo 20 anni. Ricordo perfettamente quel momento. Aveva in mano i fogli disordinati del manoscritto che stava scrivendo, ovviamente a mano. Con poche parole di accoglienza mi trascinò direttamente dentro ciò che stava facendo con evidente coinvolgimento.

Risuona ancora in me l’eco delle sue parole che descrivevano con straordinaria energia la competenza biologica dell’ovocita, alla quale già da tempo stava dedicando la sua attività di ricerca. Questo momento ha rappresentato un vero e proprio imprinting in campo accademico attivando in me una profonda passione per la ricerca.

Nonostante le nostre strade si siano divise qualche tempo fa, sono sempre stata consapevole di quanto Rosella abbia contribuito alla mia crescita sia professionale che personale. Ancora adesso, quando mi rivolgo ai miei collaboratori, mi trovo a pensare quanto di ciò che sono ora è dovuto all’aver percorso insieme a lei una parte della vita.

Carla

Giacomo De Leo Palermo

Ricordi – Alcune ore fa ho appreso che la prof.ssa Rosella Cardigno Colonna ci ha lasciati il 16 febbraio appena trascorso.
Una notizia brusca ed inaspettata che mi ha creato profondo dolore, tristezza ed un tumulto di ricordi.
Improvvisamente si è creato in me un vuoto emotivo che mi ha stordito, poi per alcune ore ho scansionato mentalmente gli anni di conoscenza e frequentazione, la “vedo” mentre stavamo seduti ai tavoli conviviali dei nostri convegni, durante alcune presentazioni di lavori scientifici, durante le visite al Dipartimento ed ai laboratori, o mentre scherzava, rideva, imprecava per ciò che non andava bene; ho rivissuto episodi, parole, immagini, ma anche le sue espressioni e la forza quando anni fa era stata male, i tanti eventi e momenti di vita in un percorso che non si è mai interrotto nonostante la lontananza e la fisiologica rarefazione dei contatti.
Ci eravamo sentiti non molto tempo fa, cercava suggerimenti per un familiare che intraprendeva gli studi e che con la solita passione sperava di indirizzare opportunamente; desiderava la mia opinione circa le sedi che ritenevo più adeguate alle aspettative formative.
Ancora una volta si rivolgeva a me per avere consigli, ero tanto meravigliato quanto riconoscente per la fiducia che continuava a riporre in me.
In quell’occasione siamo stati piacevolmente al telefono più volte ma senza mai fare cenno a malesseri, difficoltà, problemi di salute; evidentemente non lo hanno permesso la sua grande dignità e l’orgoglio che la portavano a mantenere sempre un portamento da combattente, con la testa alta, le spalle larghe, lo sguardo penetrante e fiero! Già, Rosella era una donna forte, direi “sanguigna”, il suo fare determinato era ora irruento, ora pacato a volte tenero, passando dalla dedizione e l’impeto nel perseguire itinerari di lavoro per cui sognava e combatteva, all’attenzione materna per i suoi studenti e per i Familiari.
Ho conosciuto Rosella nei lontani anni in cui agivo e battagliavo per affermare il ruolo accademico/scientifico del nostro Gruppo di “Biologia applicata” (dapprima E06X, poi Settore BIO/13) e dell’allora neonata Associazione, l’odierna AIBG.
Io, che avevo iniziato la carriera quando l’ordinario era l’unico professore di ruolo e l’assistente ne era suo “dipendente”, mi ritrovavo già “vaccinato” e pronto a resistere alle patologie accademiche, per cui in quegli anni mi ero impegnato (ovviamente insieme ad altri) per caratterizzare e “strutturare” il nostro composito gruppo accademico e per differenziarlo da altri omologhi; era un’epoca difficile, i ruoli erano pochi e venivano concessi soltanto dal ministero, i concorsi erano nazionali e la competizione spesso era falsamente meritocratica perché i candidati partecipavano ai concorsi provenendo da basi, gruppi e opportunità fortemente sperequate.
Tali condizioni avevano stimolato in molti di noi una energica capacità reattiva avverso i comportamenti di taluni, cosiddetti uomini di cultura, che nell’Università agivano e gestivano con il primario obiettivo di estendere (in nome della scienza!) la loro forza accademica con una efficiente strategia di colonizzazione di alcune sedi improvvidamente ritenute territori da predare e non dove portare e costruire cultura e scientificità come i territori richiedevano.
Eravamo sufficientemente giovani, quasi coetanei (io un po’ più anziano), Rosella aveva un sorriso sempre aperto, sincero e suadente, lo sfoggiava persino durante discussioni in cui illustrava con forza le sue idee, incurante per eventuali “competizioni” con colleghi più affermati e potenti; avevamo piena contezza dei comuni problemi che limitavano lo sviluppo delle nostre sedi e la carriera di molti di noi, non eravamo facilmente remissivi, piuttosto eravamo pronti, con garbo e gentilezza ma tanta decisione, a sostenere le nostre ragioni e la giustezza delle relative argomentazioni.
Entrambi sognavamo un futuro accademico qualificato, avevamo sogni di efficienza e crescita culturale/scientifica, ma non avevamo adeguati supporti, i nostri Istituti erano poveri in personale e fondi; non bastava la nostra ansia di apprendere, di migliorare la ricerca, di svolgere con impegno e competenza i compiti didattici.
Era evidente che nel mondo si affermavano, galoppando, le tecnologie cellulari e molecolari e noi volevamo soltanto, ma con energia, accrescere le nostre competenze scientifiche e quelle dei nostri allievi e collaboratori.
Con passione lavoravamo nelle nostre sedi universitarie per implementare cultura, strutture, tecnologie, formazione, insomma tutto quanto era necessario per contrastare gli effetti della colpevole disattenzione dei nostri predecessori e delle sedi più antiche al fine di recuperare il gap che ci allontanava da sedi più prestigiose e dalla competizione internazionale.
Avevo ben chiaro che, all’interno delle singole sedi ed a livello nazionale, bisognava urgentemente condurre azioni mirate a potenziare ed arricchire culturalmente tutte le sedi in sofferenza come le nostre.
Dopo alcune chiacchierate ai convegni ed alle frequenti riunioni del gruppo in cui si condividevano difficoltà, obiettivi e strategie, con Rosella si creò un ottimo feeling e le idee ed i comportamenti da assumere all’interno della comunità accademica di riferimento vennero facilmente condivisi e diffusi tra i colleghi; Rosella aveva fiducia in me e nella mia esperienza accademica a cui spesso si affidava.
Facendo gioco di squadra, con lo spirito dell’ “unione fa la forza” mi ritrovai a sostenere la crescita del gruppo dell’Aquila, così come di altre sedi sparse per l’Italia.
Nacque e si consolidò una bella amicizia.
Rosella cresceva accademicamente, combatteva nel suo Ateneo che voleva fosse, a dispetto di alcuni colleghi, realmente e totalmente dedicato agli studenti, alla ricerca, all’innovazione, alla formazione a 360° piuttosto che a beghe di pseudo-politica locale ed accademica; nel tempo acquisiva sicurezza e consensi, non scendeva a compromessi, con il coraggio della rettitudine ed il sostegno dei suoi ideali mostrava grande impegno e passione nel realizzare iniziative culturali, nel costruire percorsi didattici moderni, nel potenziare la ricerca scientifica a favore di giovani, ricercatori, cittadini della sua Regione.
Nel frattempo analogo sviluppo scientifico ed accademico interessava altre sedi con risultati di quel lavorìo oggi ampiamente gratificanti.
La Prof. Rosella Cardigno (Colonna come spesso sottolineava) ha fortemente operato per difendere, consolidare e stabilizzare il settore BIO/13 nell’Università dell’Aquila di cui è stata Professore ordinario, ricercatrice curiosa, attenta, pronta al confronto con le novità, fondatrice della Facoltà di Scienze Motorie di cui divenne il primo Preside (2000-2010) e vi istituì alcuni corsi di Laurea, Componente del senato Accademico ed altri consessi, ovviamente Socia dell’AIBG.
Potrei continuare a parlare di Rosella, del suo curriculum e delle sue attività che ho conosciuto, ma qui basti dire che è stata comunque una personalità di rilievo per la sua città, L’Aquila, e per il suo Ateneo; numerosi ed articolati sono stati i suoi impegni istituzionali pur tenendo a garantire, nel tempo, quelli familiari; a volte, soprattutto in periodi accademici difficili, parlava dell’opportunità quando non necessità di una sua maggiore presenza con i familiari al fine di effettuare scelte tanto conseguenti quanto consapevoli.
Come accade con il distacco dai veri Amici a cui si è umanamente legati, con la perdita di Rosella inesorabilmente si sono persi frammenti della mia vita, ma mi rimangono nitidamente presenti la “visione” del suo sorriso e dello sguardo profondo e penetrante, la percezione della passione che mostrava per le sue attività e nei rapporti interpersonali e sociali, il fare deciso ma suadente quando voleva convincere chi la stesse ascoltando; come è accaduto a me sono certo che tali caratteristiche non sono passate inosservate ai tanti che l’hanno incontrata e che difficilmente potranno dimenticarle.
Molti di noi non lo faranno, non dimenticheremo! In proposito significativi mi sono apparsi il titolo di un quotidiano dell’Aquila, “La Città piange la scomparsa della professoressa Cardigno” ed il “Profondo cordoglio” del Rettore Edoardo Alesse e dell’intero Ateneo per la perdita di Colei che è stata “punto di riferimento per generazioni di studenti”.
Ricordando Rosella desidero partecipare e condividere il dolore del marito Franco Colonna, della figlia Francesca, dei Parenti, Amici, Collaboratori, Colleghe e Colleghi dell’Università dell’Aquila, così come dei tanti dell’AIBG, dei Suoi Studenti di ieri, oggi professionisti, che l’hanno conosciuta ed apprezzata.